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Pensieri intorno a una piuma

Dedicato ai docenti delle quinte classi di oggi e di domani

Piume

Che cosa ci fa una piuma sulla cattedra della quarta bi? Cioè… sulla cattedra della quinta bi. Eh, già! Quest’anno siamo in quinta ma io ancora non l’ho digerita, questa novità. Oppure non mi va del tutto giù perché la trovo un po’ indigesta? Ammetto che è proprio così. I bambini che ho visto crescere sotto i miei occhi e che ora sono ragazzi, alcuni ragazzoni, saranno i miei alunni solo per alcuni mesi ancora.

Quante cose vorrei ficcare dentro questi mesi e queste teste. Forse troppe? Ci penseranno loro, come sempre, a ridimensionare ben bene le mie aspettative. C’è una inconsapevole saggezza nella tenacia con cui mi costringono ad aggiustare il mio ritmo di insegnante sul loro, di alunni impegnati a imparare, certo, ma anche a esplorare tante altre fette di quel mondo che sempre più si allarga intorno a loro.

L’occhio torna alla piuma che mi ha accolto nella classe ancora vuota. Da dove viene? Come è planata sulla cattedra?

L’ha forse portata fin qui la forza del mio pensiero che torna a ripetermi: “Presto prenderanno il volo. I tuoi bimbi, che ora sono ragazzi più alti di te, migreranno per altre terre.”
Eccoli lì, i miei bimbi ormai ragazzi, che mi guardano sorridenti dalla foto fatta a maggio.
Michele e Jason: sempre insieme, due passerotti ancora un po’ goffi, petulanti, tenaci nel gioco più che nei compiti.

La loro voce monotona e la livrea poco appariscente non mi impedisce di intravvedere la forza tenace che permette a piccole ali di fare lunghi viaggi.

Le tre “amiche che più amiche non si può”: due cigni eleganti e un brutto anatroccolo che deve avere solo un po’ di pazienza per vedersi trasformata anch’essa in una creatura graziosa e potente insieme. Hanno grandi ali, i cigni, che li sostengono in migrazioni sfiancati. Sono uccelli che non temono i venti gelati e le tempeste di neve.

Quelle tre approderanno a grande distanza dal nido, probabilmente.

La gru può fare anche di meglio dei cigni. L’ho visto in un documentario: le gru sorvolano l’Himalaya. Ci riuscirà anche la nostra Giulia a superare vette che sembrano impossibili: lei che è la più alta di tutte con quelle sue gambe lunghissime e magre che la fanno assomigliare a un trampoliere.

I gemelli mi fanno venire in mente gli inseparabili di Gould. Pappagallini mai zitti, mai fermi, traboccanti di energia da riversare in mille piccole faccende. Spero che l’anno prossimo siano ancora in classe insieme.

Simone è un gufo. Soprattutto quando incassa la testa nelle spalle, abbassa le palpebre e mette il cervello in modalità risparmio energetico. Ogni tanto però si sveglia anche lui e tira fuori delle trovate che ti stupiscono. Del resto, il gufo è simbolo di saggezza.

Simone evidentemente pensa molto e poi, inaspettatamente, ecco la perla della risposta giusta che solo lui tra tutti ti consegna. Grazie, Simone!

Jasnim è la tortora dal piumaggio spento, a guardarlo distrattamente, ma che si rivela fatto di sfumature sottili, raffinate. Forse, ad ascoltare bene, anche il suo canto monotono e un po’ triste potrebbe rivelare note inaspettate.

Ecco qui un paio di anatre: Carola e Martino. Hanno ali corte ma instancabili, le battono in volo veloci per raggiungere la meta e ce la fanno, perché sono tenaci e forti.

Alla poiana Marco invece bastano pochi colpi per alzarsi e poi l’istinto lo guida alla corrente d’aria calda che senza sforzo lo solleva sempre più in alto. Da lassù vede bene e capisce al volo da che parte dirigersi per arrivare al risultato che cercava. Andrà lontano, sostenuto dalla gratificazione che dà il sentirsi all’altezza delle richieste.

Alex è il pavone. Sfoggia sé stesso e per fortuna non ha davvero una coda da spiegare altrimenti in quest’aula troppo piccola staremmo decisamente stretti!

Gaia è un falco. È capace di aspettare sospesa in volo ma quando poi vede la soluzione cala in picchiata e la preda è sua. Se i compagni le mostrano ammirazione, quasi si risente. È orgogliosa e schiva proprio come ti immagini debba essere un rapace.

Il nostro Omar si offenderebbe se sapesse che mi richiama uno struzzo, ma non glielo andrò certo a dire. Quando c’è una difficoltà, lui non vuole vederla. A volte letteralmente appoggia la testa sul banco e se la copre con le braccia. Per fortuna i suoi compagni mi aiutano a “puntellare” la sua autostima. Prima della fine dell’anno conto di somministragli una pesante cura di fiducia, tanto gli struzzi hanno uno stomaco di ferro.

Dulcis in fundo. Ho lasciato per ultimo infatti ciò che spesso addolcisce le mie giornate affaticate, la nostra tenera cinciarella. Livia affettuosa e ridarella, che sa tirar fuori battute gentili e risollevare il morale a tutti noi. Ci mancherà la sua allegria.

In realtà mi mancheranno tutti. Spiccheranno tutti il volo e se ne andranno via. Lo faranno comunque, tanto vale che mi prepari. In fondo, quelle ali che, ampie o minuscole, li hanno sostenuti finora, ho contribuito anch’io a renderle più forti e sicure. Ho messo tutto il mio impegno per allargare i loro orizzonti, per renderli più capaci e più consapevoli delle proprie capacità. E non devo dimenticarmi che ho ancora un intero anno scolastico per lavorare insieme. Poi ci saluteremo. Io resterò qui e loro andranno lontano, anche se la strada per la nuova scuola passa qua sotto e l’edificio si intravvede oltre il filare dei tigli.

E questa piuma la voglio tenere nell’agenda. Ma chissà di che uccello è? Chissà come è finita qui? Chissà…

In corridoio passa la signora Daniela con in mano il piumino per spolverare. Ecco la risposta alle mie domande. Una risposta terra terra… Però non mi sento delusa. In fondo, è dal basso che si parte per sollevarsi. Spiccare il volo ti porta su perché prima eri giù! Trovo che sia un pensiero confortante, per chi fa l’insegnante.

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