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Mamma, c’è un libro che suona!

In classe prima è importante guidare gli alunni ad un’osservazione critica della realtà, partendo dalla loro attitudine analitica di vedere le cose.

Bambina che suona fisarmonica

Un trattore senza ruote

Una volta, in una classe prima, ero intenta a disegnare alla lavagna un trattore e ad un certo punto mi bloccai.

Non vi erano ancora i computer nelle aule scolastiche, né tantomeno la connessione Internet che apre oggi una finestra sul mondo. O si ricorreva alle immagini dei libri, o al ricordo legato all’esperienza, per richiamare le forme delle cose e degli oggetti. Mi bloccai perché ebbi “un vuoto” nel riprodurre il profilo delle ruote del trattore. Chiesi allora aiuto alla classe e un bambino si diresse alla lavagna senza alcun tentennamento; con due tratti, aggiunse a quello schizzo incompleto dei magnifici pneumatici possenti, zigrinati e molto attinenti alla realtà.

Trattore al lavoro

Ne rimasi incantata ma non stupita: con gli anni ho appurato che soprattutto i bambini più piccoli hanno la capacità, che col tempo scema, di prestare molta attenzione visiva ai particolari. Tendono a sezionare, ad analizzare come dei chirurghi, a trattenere in mente minuzie, forse perché cercano inconsapevolmente di dare delle risposte a tutto ciò che li circonda.

Noi adulti, al contrario, generalizziamo, globalizziamo e sviluppiamo quella che gli studiosi della Gestalt definiscono “l’attitudine della psiche a cogliere quell’insieme che dà senso e che quindi supera la semplice sommatoria degli elementi costitutivi”.

Gli occhiali delle meraviglie

Per avviare bene una classe prima, una delle azioni da intraprendere, è quella di mutuare dai bambini il loro modo di vedere le cose, così attento e dettagliato. Indossare quelli che chiamo gli “occhiali delle meraviglie” e sforzarsi di osservare le solite cose conosciute con lenti nuove. Cercare di notare com’è fatto un semaforo o una motocicletta, quanti tipi di foglie e di alberi esistano, quali disegni siano contenuti nei cartelli stradali.

Questa riacquistata attenzione ai particolari deve quindi essere unita alla nostra capacità di sintetizzare ad unità, per aiutare e guidare gli alunni verso un’osservazione più riflessiva e consapevole.

L’osservazione guidata

Osserviamo una semplice penna a sfera: com’è fatta, cosa contiene, come funziona, a cosa serve il tappo….

“Problematizziamo” la realtà con i bambini attraverso l’osservazione di oggetti a portata di mano, mettiamone in risalto caratteristiche e funzioni, induciamo a creare collegamenti. Per esempio: Perché le ruote del trattore sono così grandi? Perché hanno quella particolare forma all’esterno? Perché la cintura di Mario ha dei buchi? Facciamo tesoro del loro modo di osservare per promuovere il ragionamento.

Svolgere spesso l’osservazione guidata ha molti vantaggi, soprattutto in classe prima.

  • Espande ed articola gradualmente il pensiero ed il lessico degli alunni (Penna: punta, sfera, becco, cannuccia, serbatoio…).
  • Arricchisce i contenuti del linguaggio orale e scritto (se descriviamo assieme lo zaino di Nathan, dovremo prima osservarne gli aspetti e le caratteristiche, poi ragionare, verbalizzare oralmente e solo alla fine scrivere).
  • Favorisce associazioni insolite ma pertinenti. Mia figlia a cinque anni non conosceva la parola scintille e durante una serata estiva tra amici, di fronte al falò di un barbecue, usò entusiasta l’espressione gocce di fuoco. Un’altra volta, una maestra di prima mi disse che un’alunna definì il vento d’autunno vento liscio. E, ancora, una mia amica ricorda la prima volta che suo figlio vide una fisarmonica: “Mamma, c’è un libro che suona!”.

Se guidati ad osservare, a sentire, a toccare, gli alunni fanno spontaneamente connessioni che i bravi scrittori ricercano a tavolino con sapienza e con i più meccanismi raffinati.

Associazioni d’autore

Mi piace immaginare che anche grazie agli “occhiali delle meraviglie” che indossiamo in classe prima, i nostri piccoli alunni tra qualche anno potranno godere di espressioni di questo tipo e – perché no? – anche saperne scrivere di più belle:

  • “Adesso non sembrava più estate come prima. L’aria era spillosa, e da lontano si vedevano le cose molto meglio.”
  • “La vegetazione diventava molto più spettinata.”
  • “Sentiva la stessa spossatezza di quando rientrava dal mare. La stessa sonnolenza, lo stesso distacco dalle cose. I pensieri come biancheria da lavare, ammucchiata indistintamente in una cesta di cui si sarebbe occupata più tardi, quando ne avesse avuto voglia.”

(Frasi tratte da: Diego de Silva “Da un’altra carne”, Einaudi editore)

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