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Come aiutare i bambini a parlare bene

La volta scorsa abbiamo ragionato su quanto sia importante il modo con il quale noi insegnanti parliamo con gli alunni di una classe prima. Ma qual è il sistema per migliorare e far progredire il modo di esprimersi dei bambini e il loro modo di comunicare?

Maestra che legge ai bambini

Lo sviluppo linguistico dei bambini, come ho già accennato, avviene parallelamente allo sviluppo cognitivo e questa non è affatto un’ovvietà, nonostante lo possa sembrare.

Nessuna forzatura sintattica

Persino gli interventi didattici più nobili ed utili che mirano ad affinare il linguaggio dei bambini possono risultare vani se in loro non è ancora scattata una contemporanea forma di maturità psicologica. In poche parole i bambini non useranno spontaneamente i connettivi logici sino a quando non interiorizzeranno con l’esperienza i nessi di causa-conseguenza e sarà inutile correggere a sei anni l’uso improprio dei vari tempi passati del nostro modo indicativo: anche per questo bisognerà attendere che i bambini strutturino la categoria del tempo in sottocategorie. Questi processi non possono essere forzati o anticipati, ma solo accompagnati.

L’importanza del buon italiano

Senza scomodare Skinner o Chomsky, il buon senso ci dice che gli alunni di una classe prima non sono ancora in grado di produrre una buona sintassi, un uso corretto dei tempi verbali e un utilizzo pertinente dei connettivi, ma devono poterli ascoltare. Devono essere esposti costantemente ad un buon italiano per potervi familiarizzare e per poterne assorbire la musicalità.

Lo sviluppo linguistico- sintattico avverrà infatti un po’ fisiologicamente a seguito della crescita, un po’ per imitazione del contesto verbale nel quale si è immersi. Con i bambini di prima è sul lessico che si può insistere ed incidere maggiormente, ossia sull’ampliamento del numero di parole conosciute.

Lavoriamo sul lessico

In questo caso si può agire su diversi fronti.

Si può ad esempio partire dalla semplice nomenclatura degli oggetti dell’aula, senza dare nulla per scontato. Apriamo un astuccio, mostriamo agli alunni una cosa alla volta e facciamo nominare: pastello, pennarello, matita, righello, penna, gomma, temperamatite, custodia elastica. Continuiamo con il contenuto degli zaini: libro, quaderno a quadretti, quaderno a righe, astuccio, diario, quadernino, schedario… Allargando lo sguardo abbiamo ancora: pareti, lavagna, finestre, scaffale, termosifone, tapparella, tende, armadio, cartelloni, porta, maniglia, pareti, soffitto.

Mi è capitato a volte che alcuni bambini confondessero libro e quaderno per anni, per questo consiglio di fare spesso in classe il gioco del “nominare” le cose attorno.

Un altro modo per incrementare i vocaboli è quello di stimolare il ricorso al nome o all’aggettivo più appropriato durante le chiacchierate con gli alunni. Gli schermi e i dispositivi ci aiutano oggi a mostrare subito l’oggetto o la cosa a cui ci riferiamo. Possiamo far vedere un pino, un badile, una staccionata, un mattarello, oppure un impasto denso o un ombrello variopinto, e “condire” così di nuove parole i racconti ancora grezzi ed elementari dei nostri bambini.

Leggiamo ad alta voce

Infine un altro metodo molto utile all’insegnante per migliorare il lessico dei bambini è quello di leggere ad alta voce, possibilmente mostrando loro le immagini della storia. “C’era una volta una principessa che non rideva mai. Non sorrideva nemmeno. Il re suo padre faceva ogni tentativo. Chiamava buffoni bravissimi, equilibristi, trasformisti…niente da fare. La principessa non rideva” (cfr.: “La principessa senza sorriso“). Non tutti i bambini di sei anni penso conoscano il significato delle parole buffoni, equilibristi e trasformisti. Ma dopo aver ascoltato quest’incipit bellissimo, ed averne visto l’illustrazione, sono sicura che la maggior parte di loro se ne farebbe un’idea molto chiara.

La principessa senza sorriso(Arnoldo Mondadori Editore S.p.a., Milano, 1977)

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