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Papert e il linguaggio Logo

Scratch e gli ambienti di programmazione a esso ispirati consentono a tutti di esprimere la propria creatività attraverso il coding. Ma quali sono le origini del coding visuale a blocchi? In questo articolo ripercorriamo la storia di Seymour Papert e del linguaggio Logo.

Computer e tartaruga Logo

Oggi, nelle scuole italiane, molti alunni utilizzano Scratch per esprimere la propria creatività costruendo storie o piccoli videogiochi.

Sono sempre più numerose anche le scuole che propongono la robotica educativa come attività interdisciplinare per trasmettere conoscenze e per sviluppare abilità e competenze. L’obiettivo è quello di formare ciò che chiamiamo pensiero computazionale.

Uno dei fattori chiave della diffusione di questi strumenti è la facilità con cui avviene il processo di apprendimento.

Un risultato al quale si è arrivati dopo decenni di studi e che ha un punto di inizio preciso: la creazione del linguaggio di programmazione Logo.

Secondo il documento LOGO – A Project History, nel 1966 gli scienziati Seymour Papert, Wallace Feurzeig, e Daniel Bobrow si incontrarono per discutere sulle modalità con cui insegnare ai bambini a usare il computer.

Feurzeig guidava allora il gruppo di lavoro dedicato all’educazione della Bolt Beranek and Newman Inc. (BNN), una società tecnologica di ricerca e sviluppo con sede a Cambridge, negli Stati Uniti d’America.

La BNN ebbe un ruolo importante anche nello sviluppo delle rete Internet. L’atmosfera pionieristica di quell’epoca è ben descritta in A Culture of Innovation, Insider Accounts of Computing and Life at BBN.

Dalle idee di Papert, Feurzeig e Bodrow nacque Logo, che rappresentava un metodo completamente nuovo per supportare l’apprendimento del pensiero formale e sviluppare capacità di problem solving.

Un’altra figura molto importante per lo sviluppo di questo linguaggio fu la ricercatrice Cynthia Solomon, all’epoca collaboratrice di BNN e che anni dopo curerà la versione di Logo per i computer della Apple.

Presentato nel 1967, Logo era influenzato da tre aree di ricerca:

  • intelligenza artificiale;
  • psicologia dello sviluppo;
  • logica matematica.

Gli informatici coinvolti nello sviluppo di Logo erano esperti di intelligenza artificiale, molto in voga in quegli anni (la celebre Conferenza di Dartmouth si era tenuta da poco).

Non deve stupire quindi che Logo nacque come “dialetto” del LISP, un linguaggio di programmazione per l’intelligenza artificiale ideato nel 1958 da John McCarthy.

I linguaggi di programmazione

Un linguaggio di programmazione è un linguaggio formale che consente di realizzare algoritmi. Ma non viene “compreso” direttamente dal computer.

Le istruzioni di qualsiasi linguaggio di programmazione, infatti, vengono tradotte in linguaggio macchina, che è l’unico linguaggio direttamente eseguibile da un computer.

Già nel 1964 era stato introdotto un linguaggio di programmazione per principianti denominato BASIC, molto facile da imparare, ma poco “strutturato”.

Nel linguaggio Logo, invece, una delle idea di fondo è che il codice viene suddiviso in procedure.

Logo doveva rappresentare uno strumento di apprendimento con “pavimento basso e nessun soffitto”, adatto ai neofiti, ma in grado di appassionare gli utilizzatori esperti.

La sperimentazione con le scuole

Nel biennio 1968-69 Logo venne sperimentato in alcune scuole statunitensi. Nonostante i limiti della tecnologia dell’epoca, l’esperienza ebbe successo e si notarono miglioramenti in abilità non matematiche come la lettura.

I ricercatori si stupirono del fatto che bambini tra i 7 e 9 anni al termine della sperimentazione mostrassero uno sviluppo nel pensiero formale e matematico.

Successivamente, lo sviluppo di Logo venne influenzato dal fatto che non tutti gli ideatori di questo linguaggio avevano i medesimi obiettivi.

Da una parte c’era Seymour Papert che voleva incidere profondamente sul sistema scolastico, dall’altra Wallace Feurzeig che ne vedeva le potenzialità commerciali.

Intorno al 1972 BBN presentò Irving, la prima tartaruga robot. Mentre Papert spostò lo sviluppo del “suo” Logo al Massachusetts Institute of Technology (MIT).

Contemporaneamente Papert creò un gruppo di ricerca su al MIT, dove continuò le sue sperimentazioni didattiche osservando come i bambini usavano questo linguaggio.

L’informatico Hal Abelsol trovò la maniera di visualizzare un vettore grafico sullo schermo. Ora i bambini potevano disegnare con il computer!

Disegnare con Logo

Purtroppo per gran parte degli anni ’70 non era facile accedere a un computer. Questo fatto frenò la diffusione di Logo nelle scuole, almeno per i primi anni.

Dalla fine degli anni ’70 il linguaggio Logo venne reso disponibile per gli home computer prodotti da Texas Instruments, Apple, Atari e Commodore.

Giuseppe Laricca, ricercatore del CNR tra i primi in Italia a interessarsi di informatica cognitiva, curò la traduzione in italiano della versione per Commodore, presentata nel 1985.

Nel 1981 Seymour Papert fondò la società Logo Computer Systems Inc. (LCSI), con l’obiettivo di creare software per aiutare i bambini a sviluppare la capacità di risolvere problemi e il pensiero critico.

Negli anni ’80 Logo venne quindi utilizzato in decine di migliaia di classi negli Stati Uniti e in tutto il mondo.

Il successo del libro Mindstorms di Papert incentivò migliaia di docenti a lasciare che i propri alunni sperimentassero l’uso del computer. Nel Regno Unito Logo entrò nei curricoli scolastici nazionali.

Mindstorms di Seymour Papert
Versione rivisitata di Mindstorms

Concetti complicati come feedback, ricorsione e astrazione potevano essere acquisiti in maniera naturale.

Questo successo ebbe però anche implicazioni negative:

  • si crearono troppe aspettative sulla facilità di apprendimento della matematica;
  • venne data troppa enfasi all’aspetto grafico di Logo (la “geometria della tartaruga”);
  • c’erano troppo versioni di Logo che differivano tra di loro, impedendo la formazione di un’unica grande comunità.

Inoltre, non ancora stato sviluppato un sistema di valutazione per questo tipo di attività. Ciò rappresentava un problema per gli insegnanti.

Verso i robot programmabili

Secondo Papert insegnare ai bambini la matematica era differente dall’insegnare a essere matematici (si veda ad esempio questo suo lavoro).

Pertanto, con il suo gruppo di lavoro si mosse in molte direzioni. Una di queste fu la robotica educativa.

Grazie al lavoro dei ricercatori del MIT Mitchel Resnick and Steve Ock, nella seconda metà degli anni ’80 una speciale versione di Logo riusciva ad interfacciarsi con i mattoncini della LEGO dotati di motori, luci sensori ecc. (LEGO/Logo).

Sempre dalla collaborazione tra il MIT e la LEGO nacque il Programmable Brick (il mattoncino “programmabile”), in cui la capacità di calcolo era inserita direttamente all’interno di un apposito mattoncino.

Ora i bambini potevano costruire con i mattoncini e programmare quello che avevano costruito.

Lego RCX 1.0
Fonte e licenza: Wikipedia

L’evoluzione del Programmable Brick rappresenterà il “cuore” della serie robotica Mindstorms della LEGO (lanciata sul mercato nel 1998).

La programmazione visuale

Nel 1993 la LCSI di Papert presentò la prima versione di MicroWorlds, un programma che utilizzava il linguaggio Logo per insegnare lingua, matematica, robotica attraverso il coding. In Italia ebbe una certa diffusione con il nome di “MicroMondi”.

Ma nonostante l’evoluzione dei computer e l’introduzione delle interfacce grafiche, la programmazione di Logo avveniva sempre in maniera testuale, cioè scrivendo le istruzioni un carattere alla volta.

Serviva un’idea per semplificare il passaggio tra l’ideazione di un algoritmo e la sua implementazione in Logo.

Intorno al 1995 venne sviluppata la prima versione di LogoBlocks, un Logo visuale per il Programmable Brick.

Schermata di LogoBlocks (Andrew Begel)
Schermata di LogoBlocks (Andrew Begel)

Per programmazione visuale si intende l’uso di simboli grafici nel processo di programmazione.

In questo senso, le istruzioni possono avvenire sotto forma di blocchi e l’interfaccia grafica dell’ambiente di programmazione può essere costruita del tutto o in parte da icone.

Dall’idea di Logo Blocks si arrivò, nel 2004* alla prima versione di Scratch, un ambiente di programmazione che utilizza il paradigma di programmazione a blocchi originariamente implementato come LogoBlocks.

* Lo Scratch Team indica il 2007 come anno di “nascita” di Scratch.

Schermata di Scratch 3
Scratch 3

Nel 2012 Google presentò la libreria Blockly, scritta in JavaScript e pensata appositamente per supportare la programmazione visuale basate su blocchi.

Grazie a questa risorsa è stato possibile realizzare la piattaforma Code.org, la terza versione di Scratch, e molte altre applicazioni di coding e robotica educativa.

E il resto, come si usa dire, è storia…

Seymour Papert (1928 – 2016), dopo la laurea in Sudafrica, è stato ricercatore presso l’Università di Cambridge, nel Regno Unito, dal 1954 al 1958.

Quando il celebre psicologo e pedagogista Jean Piaget, noto per il suo lavoro nel campo dello sviluppo cognitivo, lo invitò all’Università di Ginevra, Papert accolse l’invito e rimase in Svizzera da 1958 al 1963.

Nel 1963 Papert lasciò Ginevra per andare negli Stati Uniti, al Massachusetts Institute of Technology (MIT).

Il ricercatore sudafricano era enormemente ispirato dall’immagine che Piaget aveva del bambino e dall’idea di quanto i bambini potessero imparare senza un insegnamento diretto.

In particolare, voleva studiare quali fossero le migliori condizioni per agevolare lo sviluppo cognitivo nei più piccoli, specie per quel che riguardava il pensiero formale.

Alcune sue considerazioni in merito sono presenti nel paper Teaching Chilndren Thinking.

Nel 1980 diede alle stampe Mindstorms: Children, Computers, and Powerful Ideas, in cui riassumeva le sue esperienze didattiche con il linguaggio Logo.

Seymour Papert nel 1983

Dalla metà degli anni ’80, sempre attraverso il MIT, cominciò a collaborare con la LEGO.

L’evoluzione della collaborazione tra la LEGO e i MIT è mostrata in questo bellissimo video.

MIT e LEGO

A Papert viene attribuita l’introduzione di concetti quali pensiero computazionale, oggetto per pensare e micromondo, nonché lo sviluppo della teoria dell’apprendimento denominata costruzionismo.

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