I Giochi paralimpici ci mostrano che lo sport ha un ruolo sociale molto importante in termini di inclusione. Progetti che favoriscono l’attività motoria a scuola consentono anche di sperimentare metodologie didattiche “innovative”.

In questi giorni si stanno tenendo a Tokyo, in Giappone, i XVI Giochi paralimpici estivi.
I primi Giochi paralimpici (denominati “Giochi internazionali per paraplegici”) si disputarono a Roma nel 1960, in occasione della XVII Olimpiade.
L’dea fu dell’italiano Antonio Maglio, medico consulente dell’INAIL, che si basò sull’opera del neurologo anglo-tedesco Ludwig Guttmann.
Guttmann, infatti, già dal 1948 organizzava competizioni sportive a cui partecipavano i veterani disabili della Seconda guerra mondiale.
Da un’immensa tragedia nacque qualcosa di molto buono.
Differenze nelle competizioni paralimpiche
È molto interessante approfondire le differenze tra le competizioni ai Giochi paralimpici e a quelli olimpici.
Nel nuoto, ad esempio, gli atleti con differenti disabilità si servono di numerosi ausili: strumenti meccanici per salire sui blocchi, segnalatori elettronici che avvertono al momento della partenza, assistenti umani per tener fermi piedi o mani oppure ancora per indicare la vicinanza con il bordo della piscina e così via.
Il nuoto paralimpico è suddiviso in ben quattordici categorie diverse, per adattarsi ai vari livelli di disabilità.
Anche le regole del basket in carrozzina sono pensate per favorire la partecipazione dell’atleta disabile. Affinché gli incontri siano equilibrati, ogni giocatore deve possedere una classificazione numerica ufficiale del proprio grado di disabilità (detta “punteggio”). Durante la partita la somma dei punteggi di ciascuna squadra non dev’essere superiore a 14.
Una vetrina per sport e inclusione
Durante le trasmissioni televisive dei Giochi paralimpici, all’interno degli impianti sportivi si possono osservare carrozzine, protesi in titanio, cani guida…
I Giochi paralimpici rappresentano quindi un’ottima vetrina per mostrare come lo sport possa rappresentare un elemento di inclusione, non solamente inteso come aiuto al superamento dei limiti fisici.
Con la parola sport si intende l’attività motoria finalizzata all’uso, al mantenimento o al miglioramento delle abilità e capacità fisiche della persona.
Tale attività motoria, svolta anche grazie alle capacità mentali che l’individuo mette in atto, viene organizzata sotto forma di disciplina.
Può essere amatoriale o agonistica e prevedere un insieme di regole da rispettare in maniera più o meno rigorosa.
Il ruolo sociale dello sport
Lo sport ha un ruolo sociale molto significativo: è caratterizzato certamente da una funzione educativa (giocare, stare insieme, impegnarsi, rispettare le regole ecc.) ed è in grado di trasmettere modelli di vita positivi, soprattutto ai più giovani.
L’aspetto inclusivo dello sport è importante. Secondo il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), circa il 50% dei ragazzi fa sport per stare con gli amici: l’attività motoria, quindi, si rivela un’opportunità di inserimento sociale dei giovani con disabilità attraverso un loro reale e pieno coinvolgimento.
Le potenzialità di inclusione dello sport non si fermano comunque alla disabilità, ma si tratta di un’attività utile a favorire anche l’inserimento dei ragazzi immigrati, o di chi comunque vive in contesti disagiati, perché consente costruire un’immagine positiva del proprio sé.
Sport e scuola
Ben vengano, quindi, i progetti che favoriscono l’attività motoria e sportiva all’interno della scuola, anche a di fuori del normale orario scolastico.
In tali progetti possono essere sperimentate con successo metodologie didattiche “innovative”, diverse dalla classica lezione frontale, quali il peer tutoring (collaborazione tra pari per valorizzare le relazioni paritarie tra gli alunni), il cooperative learning (per scoprire le qualità dei singoli partecipanti e farle diventare risorsa per tutti) e così via.
Riferimenti
CONI – Bilancio di sostenibilità
Examining The Differences Between Competition at the Paralympics and Olympics
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