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Alla ricerca di una regola

È sempre utile sollecitare gli alunni a trovare spiegazioni e condividerle con la classe. Accade così che, durante una lezione sull’apostrofo, in classe seconda, un bambino curioso e chiacchierone come Emanuele esterni i suoi dubbi ai compagni. Perché sulla strada dell’apprendimento, a volte, le questioni si complicano. Il racconto di una mattinata speciale in questo articolo di Maria Concetta Messina.

Qualche tempo fa pianificai una lezione sull’apostrofo per le due classi seconde in cui spesso mi concedo e mi concedono di lavorare.

Per creare un diversivo, spesso i bambini ricordano più il contenitore del contenuto, ho riunito in un’unica aula gli alunni di entrambe le classi.

Dopo aver premesso che l’apostrofo ci indica sempre che qualcosa si è perso (“è andato via” dico ai bambini) per questioni di fluidità linguistica, mi premeva soffermarmi sulla questione della concordanza.

I bambini erano invitati uno alla volta a scrivere alla lavagna sotto dettatura alcune semplici frasi contenenti parole con l’articolo apostrofato. Oltre al lavorare sulla correttezza ortografica, chiedevo ogni volta quale fosse la lettera “andata via” per mezzo dell’apostrofo.

Dopo aver proposto le prime due parole molto facili tipo l’amaca o l’erba (è facile intuire che si tratti di LA e non di LO per entrambi i casi), la questione si è complicata.

Il gruppo si è infatti diviso su altri casi come l’albero, l’armadio, l’aereo e l’arco: alcuni sostenevano che si nascondesse ancora LA, dietro l’apostrofo, fuorviati dalla A iniziale di parola.

Economia di pensiero

È stato Emanuele a irrompere con uno sguardo di fiera conquista:
«AHHHHHHHH, maestra ho capito! Tutte le parole maschili terminano con la “o”».

Ho bloccato tutto e ho chiamato Emanuele a ripetere bene ai compagni la sua asserzione. In effetti per le paroline presentate sino a quel punto Emanuele aveva ragione. Come smentirlo?

Di fronte ai vari esempi, Emanuele ha cercato di trovare LA REGOLA, che non è altro che una generalità a cui fanno riferimento una serie di elementi accomunati da qualcosa, da una “proprietà”, a dirla col linguaggio matematico.

Ha tentato induttivamente di trovare una logica, un assunto, partendo dal basso e basandosi, dopo averla identificata, sull’analogia tra più casi. Una volta trovata, la regola lo avrebbe aiutato a non ragionare ogni volta, a stancarsi quindi di meno, a trovare una chiave per fare economia di pensiero.

Come facevano gli antichi

Un po’ come facevano poco prima i compagni che mettevano LA davanti ad aereo, pensando che a dettare la regola fosse la A iniziale di parola.

Un po’ come facevano gli antichi quando traevano delle conclusioni osservando a lungo la ciclicità di alcuni fenomeni o la somiglianza di alcuni altri.

Ma anche stavolta qualcosa non quadrava.
«Ascoltami bene, Emanuele. E se dico amore? O arnese? O Altoparlante o ancora enigma? Sono maschili secondo te? Secondo voi?»

Emanuele è un bambino curioso, chiacchierone e vispo, che ha fatto tutto ciò che i bambini fanno nella ricerca inconsapevole di costanti e di regolarità, ma vi ha aggiunto un elemento: l’esternazione. Ha detto il suo ragionamento.

Esternare

In classe capitano queste chicche di bellezza, anche se non così di frequente. Sta a noi essere capaci di vederle e non sorvolarvi sopra perché pressati da un da farsi erroneamente creduto prioritario o impellente.

È  molto produttivo, piuttosto, fermarsi e sollecitare gli alunni a spiegare, a dire sempre il perché arrivano ad un determinato punto; stimolarli a riprendere il ragionamento e a ripercorrere le tappe dei loro percorsi interiori.

Questo fare analisi e vedersi confermate o smentite le proprie posizioni, servirà non solo alla nostra scolaresca ma soprattutto a noi per conoscere sempre meglio questo meraviglioso mondo della mente in via di apprendimento, per scoprire i meccanismi della scatola nera del piccolo di uomo che lavora, lavora, lavora incessantemente.

Anche quando ci sembra fermo.

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