Una storia di accoglienza e inclusione, di un percorso faticoso e di conquiste. Oggi Julio adora le coccole delle sue maestre e ha imparato a sorridere.

SOS preside
Chi associa per immediatezza di istinto la parola “percorso” a scarpe comode da trekking, dovrà fare un piccolo sforzo di immedesimazione nel concepire che vi è una piccola categoria di persone per le quali un percorso è per prima cosa quello che si fa senza i piedi.
Qualche mese fa ricevetti una telefonata dal tono catastrofico di una maestra della scuola dell’infanzia che chiedeva di poter venire urgentemente da me per parlarmi di una cosa importantissima.
Di solito quando ricevo queste chiamate è perché qualcuno si è fatto male o un litigio è degenerato. Oppure ancora devo cercare di arginare gli strali di qualche genitore che minaccia di rivolgersi a tutti i poteri sovraordinati dell’Universo.
Poco dopo, invece, maestra Annamaria, l’autrice della telefonata, nel piombare nel mio ufficio ha smontato ogni previsione: «Preside, Julio va via! Lei ci deve aiutare!».
Julio
Julio aveva quattro anni quando ha cominciato a frequentare la nostra scuola dell’infanzia e ora ne ha sette. Quando lo abbiamo conosciuto lo sconforto è stato generale: privo di alcun sostegno scolastico, Julio era chiaramente affetto da una gravissima forma di autismo ed era impenetrabile alle sollecitazioni esterne. Non era in grado di trasmettere neanche a gesti alcuna emozione o necessità e non sembrava né gradire il contatto fisico né esserne confortato.
A colpire era soprattutto il suo sguardo acquatico perso nel nulla, che trapassava ogni cosa avesse di fronte.
La mamma di Julio, poco più che una bambina, ci è sembrata presto anche lei in difficoltà nel fronteggiare la situazione e altrettanto bisognosa di aiuto sia per il palese disagio economico, sia per l’impegno di un altro bimbo più piccolo a cui badare, sia per l’apparente mancanza di consapevolezza reale dei problemi di Julio.
Giro di boa
Nel giro di qualche mese la nostra maestra dell’area inclusione si è attivata senza posa sino a quando il piccolo ha richiamato l’attenzione di assistenti sociali e medici che gli hanno riconosciuto il diritto ad avere il supporto scolastico e quello a casa.
I primi due anni non sono comunque stati facili. Nonostante gli sforzi, con Julio si faticava a conseguire anche il minimo traguardo; gli incontri periodici che ci vedevano attorno ad un tavolo assieme ai genitori e agli specialisti (GLO, Gruppo di Lavoro Operativo), erano velati dalla diffusa frustrazione di non riuscire ancora a creare varchi nella dimensione di incomunicabilità e nella solitudine di Julio.
Sino a quando, non si sa per quale coacervo di circostanze, qualcosa è scattato ed ha preso il via una vera e propria fioritura.
Abbiamo trattenuto Julio alla scuola dell’infanzia affidandolo alle cure di maestra Anna e di maestra Annamaria.
Piano piano ha cominciato a suo modo ad integrarsi nel gruppo, a non aggredire più i compagni e a non urlare, ad aspettare il suo turno, a fare la fila, a far capire le sue esigenze, a comprendere i simboli grafici che gli vengono mostrati per anticipargli ciò che è in procinto di fare.
Julio non mangia più con le manine e ora ha tolto il pannolino perché sa avvisare quando deve andare in bagno. Ma le conquiste di Julio sono state ben altre: ora adora le coccole delle sue maestre e, le volte che anche io sono stata a trovarlo, ho avuto la fortuna di essere testimone di qualche suo sorriso e del fermarsi seppur fulmineo del suo sguardo liquido.
Viva voce
Per cui, quando Annamaria è piombata da me per darmi la notizia della partenza improvvisa di Julio, ho dovuto chiamare in viva voce l’assistente sociale per evitare in alcun modo di essere poi equivocata nel riportare i fatti. Lo spostamento del bambino era stato disposto perché lui e la sua famiglia fossero accolti e seguiti nel migliore dei modi presso un nuovo centro. A niente è valsa la nostra richiesta che il bambino rimanesse con noi sino al termine dell’anno, non era proprio possibile procrastinare quell’opportunità.
Al termine della chiamata, la maestra Annamaria è scoppiata in lacrime ed io sono rimasta attonita. Non avevo mai visto piangere nessuna maestra così, per un bambino che va via.
Tutto sommato Julio a settembre sarebbe dovuto andare alla scuola primaria, ma Annamaria ha continuato a non darsi pace perché non era giusto, perché le nuove maestre avrebbero avuto poco tempo per conoscerlo, perché si trattava solo di qualche mese, perché il bambino ha delle abitudini ormai consolidate, perché conosce l’ambiente, perché, in fondo, la verità è che Julio… un po’ è nostro.
E a farlo “nostro” è stato il percorso quotidiano senza piedi che a scuola si compie e che Julio, vincendo una condizione che lo attanaglia e da cui purtroppo non uscirà mai, ha intrapreso regalando alle sue maestre quelle soddisfazioni e quelle gratificazioni che vengono solo dopo tentativi reiterati senza successo ed estenuanti fatiche senza resa.
Julio non saprà mai quanto il cuore di Annamaria si sia rotto nel lasciarlo, ma io ora so quanto sono belle le lacrime di una maestra.
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